Crisi delle auto a Diesel: il settore delle auto subisce un duro colpo
La crisi del Diesel sta letteralmente mettendo in ginocchio aziende che negli ultimi tre anni, ovvero dal momento in cui scoppiò il cosiddetto Dieselgate, hanno visto gradualmente diminuire il proprio fatturato. Giganti della produzione automobilistica dislocati in tutto il nostro territorio nazionale sono sull’orlo della chiusura. Purtroppo questo ha un effetto a cascata su centinaia di lavoratori, i quali vedono ridursi lo stipendio a causa della cassa integrazione e, prima o poi, potrebbero perdere il posto di lavoro.
Qual è il quadro generale della situazione oggi? Quali sono gli stabilimenti a rischio di chiusura?
Dieselgate: effetti in Italia
Il Dieselgate scoppiò nel 2015, quando la Volkswagen venne accusata di aver installato sulle proprie automobili con motore a diesel un software in grado di alterare i dati sulle emissioni di NOx (cioè di ossido di azoto) durante i test di controllo. In questo modo la casa automobilistica tedesca ottenne le autorizzazioni a vendere i suoi prodotti sul mercato Europeo e su quello Americano.
Si scoprì in seguito che le reali emissioni di NOx erano di 40 volte più alte del limite consentito dalla legge: due anni dopo il colosso tedesco fu costretto a versare un’ammenda di 14,7 Miliardi di Dollari.
Con queste dovute premesse è facile capire come negli anni successivi, in concomitanza con la sempre maggiore attenzione che il pubblico e i media pongono oggi sull’emergenza climatica, il diesel sia stato demonizzato sotto molti punti di vista, venendo percepito come altamente inquinante.
Le conseguenze del Dieselgate e la mutata percezione del pubblico hanno condotto a un drastico calo delle vendite delle autovetture alimentate a Diesel e, com’era prevedibile, il fenomeno ha danneggiato in maniera gravissima anche le grandi industrie produttrici di veicoli a diesel presenti sul territorio italiano. La contrazione delle vendite viene riscontrata a tutti i livelli e da ogni singolo rivenditore, come ci conferma anche Matteo Grignani della omonima concessionaria auto di Pavia.
Lo stabilimento Bosh di Modugno (Bari) ha superato in meno di due anni due crisi gravissime, ma le attuali proiezioni annunciano che entro la fine del 2022 si conteranno almeno 620 lavoratori in esubero. A poco o nulla è valso il tentativo dell’azienda di convertire la produzione di veicoli a diesel nella produzione di motori per bici elettriche.
Crisi diesel: Mahle e FCA
La crisi diesel non ha risparmiato nemmeno un gigante della componentistica come Mahle, che ha recentemente annunciato la chiusura dell’impianto di produzione di La Loggia, in provincia di Torino. Stesso destino per l’impianto di produzione di pistoni che la Mahle possiede a Saluzzo, sempre in Piemonte.
Uno degli aspetti più tragici dell’intera vicenda, almeno dal punto di vista dell’occupazione, è che l’azienda non ha fatto mistero di voler delocalizzare in Polonia l’intera produzione attuale, trovando insostenibili i costi del lavoro in Italia.
Nemmeno Fiat Crhrysler Autmobiles (FCA) è uscita immune dalla crisi diesel: nel solo impianto di Pratola Serra (Avellino) quest’anno è stato prodotto il 30% in meno dei veicoli rispetto all’anno precedente. L’azienda sta investendo moltissimo sulla ricerca e lo sviluppo e sulla messa in produzione del motore Euro6 D, dotazione di base del Ducato: ci si aspetta l’immissione sul mercato a partire dal prossimo anno. L’azienda spera in uno scenario con segno positivo per risollevare le proprie sorti.
Un destino segnato anche per lo stabilimento di Pregnana Milanese, dove si costruivano motori marini: 150 dipendenti in cassa integrazione a seguito del completo blocco della produzione.
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